Per definizione il termine ESAME comporta la volontà di verificare e valutare delle competenze o, nella maggior parte dei casi – secondo un approccio conservatore – va in realtà a verificare più che competenze vere e proprie, dei saperi, dei contenuti che sono stati acquisiti durante il percorso formativo. Infatti, l’esame è il passaggio formale che segna il cambio di ordine di scuola o addirittura l’ingresso nel mondo del lavoro, come per esempio l’esame di stato, l’abilitazione o le prove concorsuali per alcune tipologie di lavoro/incarichi.
Insomma, possiamo dire che, durante tutto il corso della vita, l’individuo, in varie fasi, può trovarsi ad affrontare lo stress di un esame.
In passato, già fin da piccoli, ci si sottoponeva a prove d’esame, ad esempio ricordiamo quello al termine del ciclo della primaria, il cosiddetto esame di quinta elementare, mentre, nell’ultimo biennio, l’operazione esami ha subito delle grosse variazioni, non tanto per scelta quanto per cause di forza maggiore.
“L’esame di terza media, così come presentato dall’Ordinanza è un vergognoso garbuglio, formulato per salvare la forma dell’esame, ma che in realtà non riesce a salvare nemmeno la pallida parvenza dell’esame stesso. Sarebbe saggezza riconoscere che, in queste condizioni, ogni esame “a distanza” è velleitario ed ingiusto e che ogni esame “in presenza” mette in moto una macchina destinata, per fatti oggettivi, a non garantire la sicurezza di studenti, personale della scuola e famiglie.”[1]
La realtà dell’ultimo periodo ha rimarcato ciò che già da tempo era sommerso: si viene ammessi all’esame (sia di terza media, sia di maturità) con una media matematicamente ponderata indicata dai docenti che rispecchia la valutazione oggettiva sull’operato dei curricoli scolastici. Spesso accade, però, che l’esito dell’esame non sia coerente con la valutazione di ammissione: a volte le performances degli studenti sono migliori e in altri casi – più frequenti – l’esito finale è decisamente inferiore alla competenza acquisita nel tempo ed alla reale conoscenza. Subentrano sicuramente una serie di variabili incontrollabili, sia soggettive (determinate dalle persone che entrano in gioco, esaminati ed esaminatori), sia oggettive (ad esempio il rapporto tra i criteri di valutazione e le condizioni dettate dagli adulti). Alla luce anche di queste discrepanze la domanda è:
Crediamo proprio di si, se li consideriamo come un passaggio formalmente riconosciuto, senza dimenticare però che la sostanza della valutazione si articola per tutta la durata del percorso formativo secondo quella concezione di “valutazione autentica” descritta nell’articolo del 9 maggio sul nostro blog.
Gli esami rappresentano l’uscita dalla prima fase della formazione (I ciclo), quella comune a tutti e che orienta alla seconda fase, quella delle scelte tra licei tecnici professionali, formazione professionale e relativi indirizzi.
Procedure concretamente eseguite ovviamente da persone e su persone, con tutti i limiti del caso ( a partire da un eccesso di complicazione nelle procedure d’esame, che il Miur sta riconsiderando particolarmente per la terza media), ma con una funzione innegabilmente congiunta con la difesa del valore giuridico del diploma di Stato, cioè del percorso ed esiti relativi dell’ultima grande palestra comune, nel tempo degli spazi e dei tempi virtuali, dove crescono insieme, materialmente e fisicamente, e si confrontano e fondono persone e culture, esperienze e responsabilità, forze e fragilità delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi.
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[1] https://www.tecnicadellascuola.it/qual-e-il-senso-degli-esami-durante-la-pandemia
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