Nella speranza di rimediare a più di due secoli di gestione non sostenibile delle risorse, ci è spesso richiesto dalla società di cui facciamo parte, di optare per le scelte più virtuose, negli acquisti come nella gestione energetica e nello smaltimento dei rifiuti. Alle volte come consumatori ne siamo incentivati poiché ad una analisi attenta possiamo renderci conto di come alcune modifiche rispetto ai nostri comportamenti siano più efficienti rispetto al modo tradizionale di svolgere alcuni lavori, aspetto di cui gioveranno anche le nostre finanze, ma in qualche caso potremmo sentirci “limitati” da questi vincoli, adottati in funzione del cambiamento di cui tutti vogliamo essere parte, ma che sembra non arrivare mai … I governi di tutto il mondo si incontrano regolarmente per fissare obiettivi che ancora con troppa frequenza non vengono raggiunti entro i tempi auspicati e, nel nostro quotidiano, sembra che basti l’atteggiamento di un solo “incivile” per vanificare gli sforzi di tutta la comunità. Per quale motivo non dovremmo continuare a sperare? Eco-ansia e senso di colpa colpiscono indistintamente un po’ tutti noi, ma sono soprattutto i giovani a subire gli effetti più pesanti, e l’economia di molti settori continua a risentire del conflitto tra interessi per la collettività e interessi individuali.
Ma i risultati ci sono, piccoli e grandi, dalla scoperta di nuovi habitat al recupero di altri già tutelati, alla reintroduzione avvenuta con successo di molte specie animali fino allo sviluppo di nuove tecnologie non solo promettenti per il futuro, ma dimostratisi molto utili già da adesso. Certo che non si dimenticano gli insuccessi, ma nell’ottica dello sviluppo e della ricerca, questi non fanno altro che permetterci di ricavare nuovi dati ed elementi utili.
E poi entrando nel 2023, a 35 anni dal protocollo di Montreal, l’ONU rende pubblica attraverso il suo ultimo rapporto la previsione che, continuando con questo trend, entro il 2060 il buco dell’ozono sopra l’Antartide sarà finalmente chiuso, e già entro il 2040 ci saranno significativi miglioramenti riguardo lo strato di ozono a livello globale e a cascata su un enorme ventaglio di situazioni che ci toccano da vicino: dalla salute degli occhi e della pelle, all’ambiente terrestre come quello marino, alle coltivazioni, e molto altro. Sempre le Nazioni Unite però ribadiscono che “la temperatura mondiale media si e’ attestata circa 1,15 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali e l’anno scorso e’ stato l’ottavo consecutivo in cui le temperature sono state superiori di almeno un grado ai livelli osservati tra il 1850 e il 1900.” (OnuItalia)
Questo non deve stupire, gli effetti della ripresa sul clima si vedranno molto più avanti e solo se coadiuvati da ulteriori cambiamenti sul fronte ambientale (una riduzione impattante della concentrazione di HFC in atmosfera è prevista solo per il 2100 e comunque eviterebbe un aumento delle temperature di “soli” 0,4 gradi Celsius), dobbiamo però leggere tra le righe di questa notizia, la storia di un’umanità che è riuscita a collaborare, a superare divergenze culturali, politiche e sociali, per raggiungere un obiettivo comune.
“Le osservazioni condotte a Mt. Cimone rivelano la chiara efficacia del Protocollo di Montreal nella mitigazione delle emissioni di sostanze attive dal punto di vista radiativo e dannose per l’O3 stratosferico, mettendo nel contempo in evidenza alcune significative deviazioni dal completo rispetto del protocollo. La recente inclusione degli HFC fra le specie regolate dal Protocollo di Montreal rappresenta una concreta possibilità di ridurre le emissioni di questi potenti gas serra entro il 2040.” [1]
Il Protocollo di Montreal
Successivamente alla convenzione di Vienna, del 1985, il Protocollo di Montreal è un accordo di entità globale entrato in vigore nel 1989 (siglato già il 16 settembre 1987, data attualmente riconosciuta come la Giornata mondiale dell’ozono) per la riduzione e la graduale eliminazione delle sostanze chimiche colpevoli dell’assottigliamento dello strato di ozono attraverso una serie di obiettivi pratici concordati dai paesi che vi partecipano. Dalla sua prima versione furono fatti salvi gli HFC (idrofluorocarburi) poiché solo successivamente venne dimostrato come fossero anch’essi dei gas serra, per cui vennero annoverati tra questi nel 2016 con l’emendamento di Kigali.
[1] Cristofanelli P., Maione M., e altri., STUDIO DEI TREND DI COMPOSTI CLIMALTERANTI PRESSO LA STAZIONE GLOBALE WMO-GAW DI MONTE CIMONE, Ingegneria dell’Ambiente Vol. 5 n. 1/2018)
Per maggiori informazioni riguardo allo strato di ozono è possibile visitare la pagina dedicata sul sito delle Nazioni Unite, al seguente link: https://ozone.unep.org/ozone-and-you
Fonti:
https://ozone.unep.org/ozone-and-you
https://www.un.org/en/climatechange/preserving-the-ozone-layer
https://unfccc.int/news/climate-plans-remain-insufficient-more-ambitious-action-needed-now
https://tg24.sky.it/ambiente/2023/01/10/buco-ozono-chiuso-2040
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